31/05/2024

Tra pochi giorni i cittadini europei saranno chiamati alle urne. Da quel voto dipenderà il futuro dell’Unione. Perché dalle decisioni che saranno assunte nel corso della prossima legislatura dipenderà il rilancio della costruzione comune con un più alto livello di integrazione, oppure lo scivolamento dell’Unione in un ruolo di secondo piano nello scenario globale sempre più dominato dalla competizione fra Stati Uniti e i grandi Paesi asiatici.

Il mercato unico europeo deve essere rilanciato e ampliato. Il declino demografico ed economico e le tensioni geopolitiche richiedono una profonda revisione del progetto, che deve essere allineato ai grandi assi strategici della Commissione europea: la transizione verde e quella digitale. La dimensione attuale del bilancio dell’Unione europea - l’1% del PIL complessivo degli Stati membri - è assolutamente inadeguata rispetto al volume degli investimenti che sono necessari per affrontare questo doppio passaggio.

L’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, incaricato di redigere per la nuova Commissione un rapporto sul rilancio competitivo dell’economia europea, ha indicato che serviranno investimenti pubblici e privati nell’ordine di 500 miliardi di euro l’anno fino al 2030. Si tratta di somme che sono fuori dalla portata dei singoli Stati membri. In aggiunta, l’entrata in vigore del nuovo Patto di stabilità e crescita limiterà la capacità di spesa negli Stati, tra i quali l’Italia, con maggiori squilibri nei conti pubblici.

La flessibilità nella concessione degli aiuti di Stato sarebbe la risposta sbagliata, portando ad azioni non coordinate e ad un’asimmetria tra Paesi con più o meno vincoli di bilancio, facendo venire meno il funzionamento del mercato unico che costituisce, assieme all’Euro, uno dei punti di forza dell’Unione.

Per rilanciare il mercato unico, invece, è necessario innanzitutto cambiare le regole, intervenendo sulla burocrazia e sulla frammentazione causate dalla sovrapposizione tra istituzioni europee e nazionali. Un mercato unico che integri investimenti nazionali in un quadro regole comune è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale, infrastrutture e servizi integrati, sicurezza e stabilità geopolitica, tecnologie, ricerca e dati accessibili. Dopo la libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone serve ora prevedere una quinta libertà, che è quella della conoscenza. Ma è necessaria anche una riduzione dei vincoli normativi, perché in ballo c’è il destino del sistema produttivo, nel quale va sciolto il nodo delle dimensioni, che frena la crescita delle Pmi europee, e quello della stratificazione burocratica.

Il declino economico, che andrebbe a sommarsi ad una demografia stagnante, metterebbe inevitabilmente in crisi il modello sociale europeo basato su efficienza, equità, responsabilità e solidarietà. Per continuare ad essere protagonisti a livello globale, occorre, dunque, un nuovo “contratto” politico per l’integrazione e la convergenza tra gli Stati membri e la disponibilità di adeguate risorse finanziarie comuni.