18/03/2022
Con la triste guerra scoppiata in Ucraina, l’Unione europea si è scoperta dipendente per gas e petrolio ma anche per i cereali (mais in particolare), l’olio di girasole e i concimi. Si tratta di beni primari, essenziali per le coltivazioni e l’allevamento, oltre che per la produzione di molti beni alimentari made in Italy.
L’impostazione della politica agricola comune da diversi anni ha preferito privilegiare le tematiche della sostenibilità ambientale, separandole dalla produzione. Il percorso intrapreso con il Green Deal, che ha permeato la riforma della Pac per il periodo 2023-2027 ha accentuato questo orientamento con ulteriori impegni relativi alla “condizionalità” ambientale; alla riduzione dei fitofarmaci e dei fertilizzanti a cui si è aggiunto il contrasto rispetto al nostro sistema di allevamento.
Confagricoltura –unica organizzazione agricola- ha sempre sostenuto che questo percorso avrebbe mortificato la produzione e la produttività esponendo le aziende europee ad una agguerrita concorrenza dei Paesi Terzi che non devono sottostare ai medesimi vincoli né rispettare la reciprocità degli standard.
Si poteva, e ancora si può, conciliare produttività con sostenibilità ambientale.
I mezzi per arrivare a tale obiettivo oggi si chiamano: agricoltura di precisione, nuove tecniche di miglioramento genetico (in italiano dette anche tecniche di miglioramento assistito TEA); investimenti nella ricerca di nuovi mezzi per la difesa delle coltivazioni, cura della fertilità dei terreni con la valorizzazione della sostanza organica e lo stoccaggio del carbonio; semplificazione burocratica e informatizzazione dei processi. Vanno sospesi da subito gli obblighi del greening, relativi alla diversificazione delle colture e alle superfici a riposo (5% delle superfici ecologiche), in quanto limitano la capacità produttiva senza portare sensibili vantaggi all’ambiente. Gli aiuti accoppiati della Pac devono sostenere le produzioni strategiche di cui siamo carenti.
Dalla Regione, dal Governo e dall’Unione Europea arrivano dichiarazioni che vanno nella direzione auspicata di una maggiore attenzione alla produzione. Ora sembra che tutti siano d’accordo sul fatto che è necessario aumentare il livello di autoapprovvigionamento e si parla (a volte senza cognizione di causa) di sovranità alimentare. Vedremo se dalle parole si passerà ai fatti.