10/06/2022
La siccità, con il caldo anticipato di maggio e l’assenza di precipitazioni, causerà un calo della produzione di grano duro e tenero in Veneto. Gli addetti ai lavori prevedono una riduzione delle rese del 20 per cento, anche se la qualità al momento appare buona. Il conflitto in Ucraina, con i cereali fermi nei porti, spinge invece i prezzi al rialzo, anche se rimane il problema degli alti costi di produzione. “Cominceremo la raccolta tra qualche settimana – spiega Chiara Dossi, presidente della sezione cereali alimentari di Confagricoltura Veneto e titolare di un’azienda prevalentemente cerealicola ad Adria, in provincia di Rovigo -, meteo permettendo. Se continuasse il caldo intenso sopra i 30 gradi potremmo essere costretti ad anticipare i tempi, ma per una maturazione ottimale sarebbe preferibile raccogliere verso la fine del mese. Il grano ha sofferto la lunga assenza di piogge, che ha causato uno stress idrico alle piante. Dove è stato possibile farlo, siamo intervenuti con irrigazioni di soccorso, ma alcuni frumenti seminati hanno comunque presentato uno sviluppo ridotto. In questi giorni sono previste precipitazioni, ma ormai il danno è fatto e prevediamo perdite del 20 per cento, anche se ci saranno oscillazioni da zona a zona. Si prevede comunque una buona qualità, augurandoci che nel frattempo non arrivino bombe d’acqua o grandinate”. Le quotazioni sono in aumento. Secondo l’indice della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, in un anno i prezzi dei cereali sono saliti del 56 per cento. Negli anni passati, in questo periodo, l’Ucraina esportava 5 milioni di tonnellate al mese: “Oltre al blocco delle navi nei porti, ci sarà il problema delle semine – sottolinea Chiara Dossi -, che in tante zone interessate dalla guerra non saranno possibili. Questa carenza sta spingendo in alto i prezzi, ma potrebbe non essere un bene perché, e questo varrà soprattutto per il mais, potrebbe esserci un calo negli acquisti. Resta il problema dei costi di produzione, che in questi primi mesi del 2022 si sono impennati. L’irrigazione è diventata quasi un lusso, dato il balzo del 50 per cento dell’energia, così come i fertilizzanti, rincarati di oltre il 30 per cento”.